John Suler: fisiologia e psicopatologia della vita on line
La fisiologia della vita online
D: Secondo me, partire dalla fisiologia impedisce di considerare la Rete come patologica a priori. La Rete ha molti vantaggi che devono essere tenuti nella giusta considerazione. Mi riferisco, ad esempio, ai MUDs: assumere una o più identità online può condurre ad una più profonda conoscenza di sé ed autorealizzazione. Esistono anche dei rischi. Cosa pensa di tale questione? Mi può esporre uno o più casi clinici di cui ha avuto esperienza?
R: Come in molte situazioni sociali online, le persone forse mettono in atto i loro bisogni ed i loro desideri, assumendo delle personalità online senza alcuno sviluppo personale, mentre, forse, danneggiano altri individui; a volte, essi possono darsi da fare su importanti aspetti personali assumendo tali identità, avendo come risultato la crescita ed il cambiamento psicologici.
D: Ritengo che la cyberpsicologia costituisca un importante tema accademico. In Italia, nel passato recente, tale questione non è stata tenuta nella debita considerazione e coloro che la studiavano venivano guardati in modo sospetto e, a volte, emarginati. In riferimento a ciò, vorrei sapere come viene considerato lo studio della Rete, nel suo contesto socio-culturale, nel passato e attualmente e quale è stata la sua esperienza.
R: Le persone sono state scettiche sulle relazioni online, così come sulla psicoterapia online. Ma non c’è assolutamente alcun dubbio che le persone instaurino delle relazioni significative online (colleghi, amici, amanti). La stessa cosa è vera anche per la terapia online. Alcune persone sono molto scettiche su ciò, ma l’evidenza è molto chiara, secondo me, che la terapia online è possibile e che può essere molto efficace. La domanda reale non è “se è possibile fare la terapia online”, ma piuttosto “come la terapia online può essere efficace, con quali tipi di problemi e con quali tipi di persone”. La psicoterapia online è un nuovo tipo di psicoterapia, per certi versi simili, in alcuni aspetti differente dalla terapia faccia a faccia.
D: Mi può esporre uno o più esempi di cooperazione e di conflitto in una comunità online di cui lei ha avuto esperienza?
R: Questo è un argomento molto complesso – non dissimile dal chiedere in che modo le persone cooperano e fanno esperienza del conflitto nel mondo “in person”. Sotto molti aspetti, ciò che accade in una comunità online è molto simile alle comunità “in person”. La differenza maggiore è che la gente comunica via TESTO, che si risolve in un parziale anonimato, una mancanza di indizi faccia a faccia e una conseguente disinibizione. Tale disinibizione può condurre ad un maggiore acting out e a dei conflitti interpersonali che possiamo vedere nelle comunità faccia a faccia, ma forse anche ad una più rapida rivelazione di sé e ad atti di gentilezza.
D: Lei pensa che le manifestazioni emotive siano più intense rispetto alla vita ‘reale’? Se è così, perché lei pensa che accade?
R: In alcuni casi può essere vero. L’anonimato e la mancanza di indizi faccia a faccia tendono a condurre in direzione di un numero maggiore di reazioni di proiezione e di transfert. Esiste una tendenza un po’ maggiore nelle relazioni online a “leggere” significati in ciò che le altre persone hanno scritto. C’è una tendenza maggiore a fraintendere ciò che la gente intende.
D: Lei crede che le relazioni online si stabiliscano e vengano meno più rapidamente di quelle faccia a faccia? Ha qualche esempio di esse?
R: Io penso che possa essere vero. A volte, a causa di quell’effetto di disinibizione, la gente si apre molto velocemente ed instaura un’intimità con gli altri molto rapidamente. A volte, la relazione dura, ma, altre volte, l’intimità si sviluppa troppo rapidamente e la gente comincia a sentirsi vulnerabile. Così, pongono fine alla relazione. Per alcune persone, quella rapida intimità, che, in qualche modo, viene avvertita come falsa e, paradossalmente, superficiale, dal momento che le altre persone “non mi conoscono realmente”. E’ molto facile cliccare il tasto “disconnetti” e scomparire, se una relazione non sta andando bene. E’ molto facile NON rispondere ad una e-mail. Una persona può sempre incolpare il proprio server o Internet di “non ricevere” un messaggio o “non essere in grado di connettersi”. E’ molto facile, su Internet, evitare di dire arrivederci a qualcuno.
La psicopatologia
D: Esistono delle pubblicazioni scientifiche contenenti casi clinici di IAD?
R: C’è un numero considerevole di libri e di articoli. Visiti il sito web di Kimberly Young ” The Center for Online Addiction”. Inoltre, numerosi articoli sono apparsi sulla rivista CyberPsychology and Behavior (http://www.liebertpub.com/CPB/default1.asp). Anche Azy Barak ha una lista di articoli di ampia portata sul comportamento online, che include articoli sullo IAD (http://construct.haifa.ac.il/~azy/refindx.htm).
D: Lo IAD sarà inserito nella prossima edizione del DSM, come già sembrava possibile nel 1993?
R: Probabilmente no. Molte più ricerche sono necessarie per stabilire lo IAD come una categoria diagnostica affidabile e valida. La maggior parte dei ricercatori pensano che Internet faciliti o acceleri i comportamenti di dipendenza già presenti in una persona, piuttosto che creare un unico disturbo.
D: Quali sono le psicopatologie più frequentemente associate con l’IAD, se ce ne sono? Quali sono le caratteristiche di Internet che sono in grado di condurre alla psicopatologia? Quali sono le caratteristiche della personalità dei soggetti a rischio?
R: Queste sono domande importanti e molto complesse. Il mio articolo sulla dipendenza da Internet si riferisce a tali argomenti (http://www.rider.edu/users/suler/psycyber/getneed.html) ed i riferimenti che ho citato sopra esplorano anche tali aspetti.
D: Non esiste un comune accordo sull’esistenza dell’Internet Addiction Disorder e suoi criteri diagnostici: qual è la sua opinione al proposito?
R: Io credo che molti ricercatori stiano pensando più in termini di disturbi “facilitati” da Internet – in altre parole, l’essere online tende ad accelerare o esagerare alcune tendenze di dipendenza o compulsive che sono già presenti. E’ improbabile che Internet creerà dei problemi seri in una persona per la quale non c’era alcuna debolezza o vulnerabilità preesistente.
D: Conosce dei casi clinici di IAD? Mi può raccontare uno dei casi clinici più rappresentativi che lei conosce, focalizzandosi sulla storia del paziente ed il suo background socio-culturale?
R: E’ interessante che, sebbene io abbia parlato con molte persone via e-mail, chat, telefono e faccia a faccia sulla loro vita nel cyberspazio, non mi sia mai imbattuto in un dipendente da Internet veramente patologico – non come quelli descritti nei media. Ho ricevuto e-mail dai genitori e dagli amici di gente che sembrava essere seriamente dipendente, ma non li ho mai “incontrati” io stesso. D’altra parte, ho parlato con molte persone che hanno attraversato una fase di utilizzo di Internet molto intenso, che poi è diminuito quando la persona si è adattata alla vita online.
D: Secondo lei, sono più frequenti i casi di IAD o un uso patologico di Internet che risulta da una psicopatologia associata?
R: Come ho accennato, ci sono, probabilmente, altre tendenze sottostanti alla dipendenza, che esistevano prima dell’uso di Internet. E’ possibile che alcune persone con disordini borderline o con fobie sociali possano diventare “dipendenti” da Internet.
D: Nel suo articolo “To get what you need” lei sostiene che un sintomo della patologia consiste nella dissociazione tra la vita online ed offline: secondo lei, quali sono le cause di tale situazione?
R: Quando la gente dissocia la propria vita online da quella offline, la vita online diventa strettamente incapsulata, un “mondo” segreto che tende a divorare la persona. Questo accresce le proiezioni e le reazioni di transfert, con una scarsa opportunità per la persona di attuare la prova di realtà, parlando con le persone che non sono parte di quel mondo segreto. Tutti i tipi di bisogni forti, desideri e fantasie vengono incanalati in quel mondo, così che, gradualmente, lo spazio psicologico della persona si riduce a quell’ambiente online. Il mondo “reale” inizia a perdere significato e scopo.
D: In base all’affermazione che non c’è un comune accordo sui criteri diagnostici dello IAD, secondo lei, quali sono i sintomi clinici dello IAD, oltre alla dissociazione tra la vita online ed offline?
R: Secondo me, gli indicatori più importanti sono una diminuzione del livello di funzionamento nel mondo faccia a faccia – lavoro, relazioni con la famiglia e gli amici, altri interessi, perfino la proprio salute, le abitudini igieniche tendono a declinare.
D: Quali sono le terapie più efficaci?
R: Dipende dalla persona. Gli interventi comportamentali andranno bene per alcuni. Per altri, una combinazione di interventi comportamentali con la terapia cognitiva e/o psicodinamica sarà una combinazione efficace. La terapia di gruppo ed i gruppi di auto-aiuto potrebbero essere efficaci (questo solleva l’interessante interrogativo se la terapia di gruppo online ed i gruppi di auto-aiuto possano essere efficaci nel contribuire ai disordini facilitati da Internet!).
La psicoterapia online
D: Quali sono gli standards etici per una psicoterapia online? Lei pensa che quelli stabiliti dall’APA siano sufficienti?
R: Numerose organizzazioni hanno proposto degli standards:
http://www.ismho.org/suggestions.html
http://www.counseling.org/gc/cybertx.htm
http://www.ihealthcoalition.org/ethics/draftcode.html
http://www.nbcc.org/ethics/wcstandards.htm
http://www.hon.ch/HONcode/Conduct.html
http://www.apa.org/ethics/stmnt01.html
D: Quali sono i cambiamenti necessari del setting per una psicoterapia online? Quali sono le conseguenze sul processo terapeutico?
R: Anche questa è una questione molto complessa. I fattori più importanti riguardano le dinamiche della comunicazione testuale, l’anonimato, la mancanza di indizi faccia a faccia e la comunicazione sincronica versus asincronica. I suoi lettori possono essere interessati a questo articolo, in cui esploro tali argomenti:
http://www.rider.edu/users/suler/psycyber/therapy.html
D: In una psicoterapia online, lei pensa che sia possibile stabilire una relazione terapeutica? Se sì, quali sono le differenze rispetto alla relazione in una psicoterapia tradizionale?
Senza dubbio, una relazione terapeutica è possibile. La differenza più importante riguarda quei fattori che ho citato sopra: le dinamiche della comunicazione testuale, l’anonimato, la mancanza di indizi faccia a faccia e la comunicazione sincronica versus asincronica. Sebbene questo articolo non sia sulla psicoterapia, esplora le differenze affascinanti tra le relazioni “in – person” ed online:http://www.rider.edu/users/suler/psycyber/showdown.html.
D: Quali sono le patologie che sono curabili e non con una psicoterapia online?
R: Nessuno lo sa ancora per certo. Il lavoro clinico online è una buona scelta come modo per iniziare a lavorare con vari tipi di ansie sociali. Come regola generale, la terapia online, probabilmente, non è appropriata per le psicopatologie gravi, sebbene sia necessaria una maggiore ricerca per stabilirlo.
D: Un psicopatologia implica dei problemi relazionali nella vita del cliente. Ci sono degli svantaggi in una psicoterapia online per trattare tali clienti?
R: Il terapeuta online, probabilmente, dovrebbe trattare tali relazioni pressappoco allo stesso modo di un terapeuta faccia a faccia. Inoltre, alcuni clinici online stanno facendo delle terapie di coppia e coniugali via e-mail e chat, che sembrano funzionare bene. Un altro approccio interessante è incoraggiare i clienti a sperimentare le reazioni online come un modo per provare nuove modalità di relazionarsi agli altri e di applicare tale conoscenza alle loro relazioni “in – person”. La relazione online può essere un tipo di “pietra di guado”.
D: Secondo lei, quali sono le caratteristiche del background professionale necessario per uno psicoterapeuta online?
R: Per condurre degli interventi pregnanti, una persona ha bisogno di essere bene addestrata da professionisti in uno dei tradizionali centri di salute mentale, poi un addestramento specifico nel lavoro clinico. Tuttavia, nel futuro, vedremo lavorare molti para-professionisti con degli approcci di intervento a breve termine o meno complessi.
D: Quali sono le possibilità di comprendere le perversioni sessuali, che sono così difficili da avvicinare nel setting psicoterapeutico tradizionale?
R: Il lavoro online può essere un buon modo per iniziare un trattamento di tali problemi, in parte, perché la vergogna e la colpa associate a tali perversioni le rendono difficili per la gente da far emergere e da affrontare con una terapia faccia a faccia.
D: Nel suo articolo “Psychotherapy in Cyberspace” lei afferma che “Noi possiamo pensare ai computers come a degli strumenti utili da integrare in approcci pre-esistenti”: come pensa che questa integrazione verrà effettuata? Quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi?
R: Il modo in cui i computers verranno integrati dipenderà dal tipo di terapia. Alcuni interventi comportamentali e cognitivi, che implicano dei protocolli specifici, potrebbero essere adattati ai computers che guidano i clienti attraverso il protocollo, valutano i progressi del cliente e poi indirizzano lo stesso verso le subroutines dei protocolli, basate sulla valutazione. Nella psicoterapie parlate, i programmi dei computers, che comprendono l’apprendimento esperienziale e l’auto-osservazione, potrebbero essere dei supporti utili per la terapia. Essi possono servire come un trampolino di lancio per le discussioni tra il cliente ed i terapeuti. Durante la fase di presa in carico e di valutazione, i programmi dei computers possono essere molto validi nell’aiutare i clienti a decidere a quale tipo di terapia essi sarebbero interessati e da quale potrebbero trarre beneficio. Il pericolo è di affidarsi eccessivamente ai computers, perdendo, perciò, la relazione umana necessaria tra il cliente ed il terapeuta, che è così importante nel processo di cura, così come perdere l’occhio acuto del clinico, che è in grado di vedere le sottili, complesse variabili nel processo di trattamento, che il computer non potrebbe mai rilevare.
D: L’assenza del linguaggio del corpo, dell’espressione facciale e degli indizi dello stile del discorso, rendono la cyberterapia matura per la proiezione su entrambi i versanti della relazione: quali sono le conseguenze possibili per il processo terapeutico?
R: In una terapia psicoanalitica, le proiezioni del cliente e le reazioni di transfert sarebbero molto preziose ed essenziali per il progresso della terapia. Fiduciosamente, il clinico online è abile nel comprendere e nel lavorare con le reazioni di controtransfert, che possono essere intensificate nel cyberspazio. Tutti i clinici che lavorano online dovrebbero essere molto sensibili a questa accresciuta possibilità di proiezione, transfert e incomprensioni di ciò che una persona intende nel suo digitare. Se questo non accade, allora tali fenomeni potrebbero distruggere la terapia.
D: Come pensa che sia possibile usare la regressione provocata da Internet in una psicoterapia online?
R: Nelle terapie che incoraggiano le regressione, come mezzo per comprendere e per porre rimedio ai conflitti sottostanti e alle deprivazioni (come la terapia psicoanalitica), questo potrebbe essere utile. Tuttavia, forti regressioni potrebbero essere difficili da trattare efficacemente online, dal momento che il feedback “al momento”, la discussione ed il WORKING TROUGH potrebbero essere necessari – che non è possibile in una comunicazione asincronica, come l’e-mail.
D: Lei ritiene che l’anonimato di un individuo abbia degli effetti negativi sul processo terapeutico? Quali?
R: In una terapia in corso, se questo anonimato ha come conseguenza che il terapeuta non conosce aspetti importanti dell’identità della persona e lo stile di vita (situazioni di vita, occupazione, relazioni coniugali, razza, età, persino sesso), potrebbe impedire le terapia, proprio come nella terapia faccia a faccia. La maggior parte delle cure parlate, terapie basate sull’insight, sono un processo per giungere a conoscere e a capire meglio il cliente. Utilizzare la comunicazione via Internet per “nascondere” alcuni aspetti della propria identità, probabilmente, legherebbe le mani del terapista dietro la sua schiena ….. Se definiamo “anonimato” la mancanza di indizi faccia a faccia (e non il nascondere aspetti dell’identità), allora la disinibizione risultante potrebbe condurre i clienti a discutere di aspetti di se stessi e delle loro vite di cui non avrebbero mai parlato in una terapia faccia a faccia. Questo è uno dei grandi benefici della terapia online.
Intervista a cura di Anna Fata
Nota editoriale: John Suler si è laureato in psicologia presso la State University di New York, a Stony Brook, nel 1977. Nel 1982 ha conseguito il dottorato in Psicologia Clinica presso la State University di New York a Buffalo. Da 12 anni sta portando avanti il training personale in psicoterapia in un gruppo clinico condotto da N. McWilliams. Dal 1982 è professore di Psicologia presso la Rider University a Lawrenceville, New Jersey. Le sue attività di ricerca sono: la psicologia del cyberspazio, la psicoanalisi contemporanea e il pensiero dell’Est, l’insegnamento della psicologia clinica, l’immaginario mentale, i processi terapeutici nei gruppi di auto-aiuto.